Lui e lei hanno quel destino
scritto da altri altre vite fa.
È l’unica cosa che hanno,
o, almeno,
è l’unica cosa
in eredità.
Lei qualche volta gli dice: “Ti amo,
ma non può essere tutto qua,
qua non c’è niente per nessuno:
andiamo via,
andiamo, dai,
andiamo, va”.
Lei ha la foto
di sua madre,
un giorno o l’altro la
guarderà
che così non vuole diventare
che così, giura,
mai non sarà.
Lui, la foto di suo padre l’ha dentro,
impressa a fuoco nell’anima,
impressa ad alcool,
botte e insulti:
“Andiamo via,
andiamo, dai,
andiamo, va”.
Salviamoci la pelle
che, bella o brutta,
è quella lì:
rendiamola unica.
Salviamoci la pelle
tu tieni botta e dimmi di sì
che è quello che co-
è quello che co-
conta.
Lei ha lasciato una letterina:
ci ha messo un anno a scriverla.
Lui ha lasciato sul comodino
due lire che
suo padre berrà.
Bevono già molto i loro amici:
scappano via soltanto così,
solo che la mattina dopo
son sempre lì,
son sempre lì,
son sempre lì.
Salviamoci la pelle
che, bella o brutta,
è quella lì:
rendiamola unica.
Salviamoci la pelle!
tu tieniti stretta
e dimmi di sì
che è quello che co-
è quello che co-
conta.
“Verso che cosa andiamo?”
lei chiede.
Lui dice “Beh, questo non si sa,
però sappiamo bene
cosa non c’era qua”.
Poi lei si volta
per un momento,
guarda quel posto
ed accenna un ciao.
Lui a quel posto
gli sputa contro
e spinge sul gas.
Salviamoci la pelle
che è quello che ci resta.